Il fuoco divampa con furore


Registrata alla SIAE il 2 settembre 1982 n° 341311A

Archivio n° 11

DEL FUOCO E DEI SUOI SOTTINTESI – “Il fuoco divampa con furore”, prima ancora di essere il titolo di questo testo, è frase fatta del tipo che chiunque di noi, purché al di sopra dei quarant’anni, avrebbe potuto ascoltare negli atonali messaggi di Radio Londra al tempo della Seconda Guerra Mondiale. In presenza di siffatti messaggi, comunemente definiti ‘in codice’. Il problema è uno solo: trovare la chiave. Finché non la si è trovata si annaspa in un labirinto di significati, tutti possibili e ugualmente tutti aberranti.

Questo, pressappoco, accade per ogni frase che Leonida, sceneggiatore cinematografico che ha conosciuto tempi né migliori né peggiori, rovescia sul capo del malcapitato Filippo, giovane bancario in procinto di barattare un avvenire sicuro con le nebulose lusinghe della decima Musa. Del resto, è cosa alquanto nota che ogni mestiere ha i suoi segreti, primo fra tutti un linguaggio specializzato, e Filippo di buon grado si candida anche come apprendista di questa preliminare stregoneria.

Ma la giungla dei segni si fa inesorabilmente più intricata ad ogni irruzione che Marta, esuberante e temperamentosa consorte di Leonida, opera nel sudato processo di gestazione della sceneggiatura in corso tra maestro e allievo. Perché se il senso comune detta che ad una selvaggia lite fra i coniugi deve necessariamente seguire un periodo più o meno prolungato di guerra fredda, qui, in casa di Leonida e di Marta, in questo antro dei significati capovolti, la più turpe invettiva lanciata e ribattuta funziona invece da formidabile fertilizzante per nuovi appetiti fra i due, con possibile estensione a “terzi convenuti”.
E tuttavia la dura esperienza di Filippo alle prese con fonemi e valori corrispondenti, lungi dall’apparire sotto il profilo di un incidente marginale, più di una volta ci rinnovella certi nostri imbarazzi del vivere quotidiano, che possono avere per teatro un ufficio postale come un “giovedì culturale”.

Ma allora – si dirà – non ci si può fidare neanche delle frasi semplici e dirette? Di quelle più che mai! Perché, a ben riflettere, ciascuno di noi, anche se non è sceneggiatore, vive più o meno colpevolmente questa sorta di divorzio tra la parola e il suo senso più immediato. Né tutto ciò comporta una pena eccessiva: basta saperlo, e regolarsi di conseguenza.
Attenzione, però! Se nel progressivo slittamento dei significati un’espressione quale “il fuoco divampa con furore”, percorso un arco di trecentosessanta gradi, torna a voler dire che il fuoco divampa con furore, poi non ce la prendiamo con nessuno per il fatto che i pompieri sono stati gli ultimi ad essere avvertiti!

PUBBLICAZIONI

“RIDOTTO” – Mensile di teatro, 1-2 Gennaio-Febbraio 1987

PRODUZIONI: Il fuoco divampa con furore