Le sofferenze d’amore della Radegonda e del Capitano Della Morte


(dal romanzo Dio ne scampi dagli Orsenigo di Vittorio Imbriani)

Registrata alla SIAE il 3 novembre 1984 n° 347740A

Archivio n° 20

Che senso ha riproporre oggi, in teatro, il narratore Vittorio Imbriani? Di sensi ne possiamo enumerare almeno cinque.

Primo senso: non trattasi di riproposta, bensì di proposta pura e semplice, l’Imbriani non essendo stato ancora presentato al pubblico teatrale.

Secondo senso (che dal primo direttamente discende): riteniamo, con questa operazione, di pagare un debito di riconoscenza nei confronti di un autore ingiustamente trascurato e scarsamente recensito.

Terzo senso: la suddetta proposta ci offre il destro di riscoprire l’irriverenza di certa nostra letteratura del Secondo Ottocento, ancora oggi capace di dar buoni frutti.

Quarto senso: siamo consapevoli di trovarci davanti a un vero scrittore grottesco-satirico, ad onta di quanti negano che la satira grottesca sia un genere congeniale a noi italiani – semmai, bisognerebbe dire che se ne è perso lo stampo.

Quinto senso: l’Imbriani, per la sua spiccata vocazione al pastiche linguistico-lessicale, potrebbe essere definito «gaddiano», se le severe leggi della cronologia non dettassero, al contrario, di indicare il Gadda come «imbrianesco».

Il sesto senso lasciamolo al pubblico, che dovrebbe esserne sempre munito, le volte che va a teatro.

PREMI

Premio Speciale della giuria del Premio Italia 1985

PRODUZIONILe sofferenze d’amore della Radegonda e del Capitano Della Morte